Racconto di Dante Balbo
Il
silenzio cadde, come quasi ogni sera da un gran tempo, pesante e impalpabile,
tessuto col brusio rassicurante del televisore e i quotidiani riti.
Stavano
seduti alle estremità del grande divano in salotto e fra loro un tavolino
in cristallo segnava il territorio neutro sul quale intrecciare la consueta
danza di tazze e bicchieri.
A
un tratto, inavvertitamente, superò i confini tracciati da solide leggi invisibili
scritte negli anni e la sfiorò. Fu un gesto impercettibile, una vibrazione
ritmica impalpabile e rapida nel gorgoglio monotono del tempo, che lo fece
sussultare.
La
sentì tremare appena, o forse sperò che lo facesse.
La
nostalgia sottile lo colse inaspettata, con un dolore di tenerezza allo stomaco;
poi eruppe come un torrente, fendendo la roccia, nel petto; si raggrumò in
un nodo di ricordi, che lo assalì alla gola; si raccolse in un velo sotto
le palpebre immobili, e la vide come risorta da un antico sudario.
Lo
stupore lo investì, palpitante, mentre senza rendersene conto, faceva si che
il televisore si allontanasse discreto dal mistero che stava nascendo.
Lei
era diversa da come la ricordava.
L’aveva
incontrata vent’anni prima, ai tempi del liceo. Poi erano venute le estati
roventi di carezze e i progetti, di sogni e di attese febbrili. Si erano sposati
in una danza di primavera. Erano arrivati i figli e fra poco se ne sarebbero
andati verso le loro stagioni. L’inverno non si era presentato con un gelo
improvviso, ma li aveva avvolti a poco a poco, fino a lasciarli soli.
Eppure,
adesso, l’aveva sfiorata.
La
guardò. Le mani gli parvero più sicure, raccolte nel grembo che le gravidanze
avevano
reso più ampio. I fianchi erano più rotondi e sul collo e sul viso, il tempo
cominciava a disegnare delicatamente il suo arazzo di piccole rughe espressive.
Sorprese i suoi occhi scuri che lo fissavano. Lei lesse dentro quegli occhi
velati tutta la stanchezza che gli aveva trovato nei capelli non più folti
e nel corpo appesantito.
La
speranza nascosta in quel tocco leggero, l’aveva attratta irresistibilmente
oltre i confini, dentro la promessa di un incontro.
La
tenerezza scivolò dagli occhi irrefrenabile. Piansero, in silenzio, tenendosi
per mano, lungamente. Poi si assopirono.
Quando
si destarono, uscirono senza parlare nella notte ancora fresca, e si accorsero
che era tornata l’estate.